Nazzarena Poli Maramotti
Una fòla
with a text by Cecilia Canziani
Opening Saturday, November 19| h. 12-8 pm
19 November 2022 > 20 January 2023
z2o gallery
via della Vetrina 21, Rome
z2o Sara Zanin is pleased to announce "Una fòla", Nazzarena Poli Maramotti's second solo exhibition in the gallery, accompanied by a text by Cecilia Canziani.
Fòla 1 s. f. [lat. fabŭla: v. fable1]. – Fable, fairy tale, invention or fantastic imagination: Sogno d’infermi e fola di romanzi (Petrarch); Quante immagini un tempo, e quante fole Creommi nel pensier l’aspetto vostro (Leopards); colui che di portenti E di sogni e di fole empié le carte (Giusti, with allusion to Ariosto). More comments in use, specifically in the plural, false news: invent false news. (Treccani)
Una fòla is the second chapter of a trilogy of return that began in 2021 with the cycle of works merged into the Pratonera exhibition and dedicated to the places and the country of the Po Valley where the artist has chosen to settle again after the years of study and work abroad, and which now deals with the most intimate themes of a family saga.
If Pratonera built a sort of mythology of the valley – of its landscape, of the characters that populate it, of its rituals – Una fòla, starting from the title is an invitation to read the works in space as elements of a story whose contours are uncertain and the content so fantastic as to make one doubt its truth - as in effect happens for all the stories that are handed down in the family.
It is not important to know exactly the contours of this story, suffice to say that at the core there is the tomb of a monkey that turns out to be empty, a male figure and a female family constellation, and that the works are a way to give evidence to the story and celebrate, rather than elaborate, a trauma.
So in the exhibition alternate a series of oil paintings on canvas and on wood: portraits that in colors and even more in poses seem to emerge from a not so distant but already elusive past, landscapes built by reinventing those landscapes with still lifes of wild game typical of the Seventeenth-century Flemish painting, and ceramics that are sometimes declined as ornament and others as autonomous objects and that allude to funerary sculpture. They are organic elements that are grafted onto paintings or zoomorphic frames that draw the wall to signify an absence, or even offerings that rest on bases and urns placed on shelves.
In paintings and ceramics the same type of sign returns: a graphic hatching that sometimes overlaps the surface sometimes incorporates it as a constructive element and refers in a more or less evident way to an animal presence. The frames are in fact made up of intertwined tails and the reclaimed wood bases that support some of the ceramic elements have lion's paws.
The metamorphosis that is the basis of so many fables, translates into this exhibition in the migration of signs, postures, and atmospheres from one work to another and from one medium to another and it is perhaps through this continuous hybridization that the dark fable sometimes dissolves into the grotesque, unexpectedly making room for laughter.
INFO:
Nazzarena Poli Maramotti |Una fòla
with a text by Cecilia Canziani
Opening Saturday, November 19| h. 12-8 pm
at the presence of the artist and Cecilia Canziani
19 November 2022 > 19 Janaury 2023
z2o Sara Zanin, via della Vetrina 21, 00186 Rome
Gallery opening hours: Mon-Sat (or by appointment) | 13-7 pm
Info: info@z2ogalleria.it | z2ogalleria.it
Press office: Sara Zolla | press@sarazolla.com | T. + 39 346 8457982
___________________________________________________________________
z2o Sara Zanin è lieta di annunciare “Una fòla”, seconda personale in galleria di Nazzarena Poli Maramotti, accompagnata da un testo di Cecilia Canziani.
fòla1 s. f. [lat. fabŭla: v. favola1]. – Favola, fiaba, invenzione o immaginazione fantastica: Sogno d’infermi e fola di romanzi (Petrarca); Quante immagini un tempo, e quante fole Creommi nel pensier l’aspetto vostro (Leopardi); colui che di portenti E di sogni e di fole empié le carte (Giusti, con allusione all’Ariosto). Più com. nell’uso, spec. al plur., frottola, ciancia, notizia falsa: inventare fole; è tutta una fola. (Treccani)
Una fòla è il secondo capitolo di una trilogia del ritorno iniziata nel 2021 con il ciclo di lavori confluiti nella mostra Pratonera e dedicatiai luoghi e del paese della pianura padana emiliana dove l’artista ha scelto di stabilirsi nuovamente dopo gli anni di studio e lavoro all’estero, e che ora affronta i temi più intimi di una saga familiare.
Se Pratonera costruiva una sorta di mitologia della pianura – del suo paesaggio, dei personaggi che la popolano, dei suoi riti – Una fòla, a partire dal titolo è un invito a leggere le opere nello spazio come elementi di un racconto i cui contorni sono incerti e il contenuto così fantastico da far dubitare della sua verità, come del resto accade per tutte le storie che si tramandano in famiglia.
Non è importante conoscere esattamente i contorni di questa storia, basti dire che al centro c’è la tomba di una scimmia che si rivela vuota, una figura maschile e una costellazione familiare femminile, e che le opere sono un modo per restituire evidenza al racconto e celebrare, più che elaborare, un trauma.
Così in mostra si alternano una serie di dipinti a olio su tela e su tavola: ritratti che nei colori e ancora di più nelle pose sembrano emergere da un passato non così lontano ma già sfuggente, paesaggi costruiti reinventando quei paesaggi con nature morte di cacciagione tipiche della pittura fiamminga seicentesca, e ceramiche che a volta sono declinate come ornamento e altre come oggetti autonomi e che alludono alla scultura funeraria. Sono elementi organici che si innestano sui dipinti o cornici zoomorfe che disegnano la parete per significare un’assenza, o ancora offerte che poggiano su basamenti e urne poste su mensole.
Nei quadri e nelle ceramiche torna lo stesso tipo di segno: un tratteggio grafico che a volte si sovrappone alla superficie a volte la incorpora come elemento costruttivo e rimanda in maniera più o meno evidente a una presenza animale. Le cornici sono infatti costituite da intrecci di code e i basamenti in legno di recupero che sostengono alcuni degli elementi in ceramica hanno zampe di leone.
La metamorfosi che è alla base di tante favole, si traduce in questa mostra nella migrazione di segni, posture e atmosfere da un’opera all’altra e da un medium all’altro ed è forse proprio attraverso questa ibridazione continua che la favola cupa si stempera a volte nel grottesco, facendo inaspettatamente spazio al riso.