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TRACES
Medieval Civic Museum of Bologna
with: Ibrahim Ahmed, Evgeny Antufiev, Silvia Camporesi, Kaarina Kaikkonen, Giovanni Kronenberg, Beatrice Pediconi, Nazzarena Poli Maramotti
curated by Marina Dacci
January 23 > July 5, 2020
The exhibition presents a selection of works by seven contemporary artists exploring the notion of trace in their research. The exploration of this theme moves in several directions: architectural-naturalistic, historical, social and relational.
Stepping into an historical space opens up a range of imaginative possibilities because its heritage becomes both a trace and a clue to meld together new possibilities, new visions. The works of the invited artists are anchored to the cabinets and laid-out collections of Medieval and Renaissance artifacts in the museum rooms, to fragments and relics of ancient walls, to lapidaries and sarcophagi, with an approach based on assonance or visual steering.
In the work of these artists, the traces originate from research, but also from experiences that are grafted into daily events.
Abstract from the critic text by Marina Dacci
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TRACES
Museo Civico Medievale di Bologna
Con: Ibrahim Ahmed, Evgeny Antufiev, Silvia Camporesi, Kaarina Kaikkonen, Giovanni Kronenberg, Beatrice Pediconi, Nazzarena Poli Maramotti
a cura di Marina Dacci
23 gennaio > 22 marzo, 2020
La mostra presenta una selezione di opere di sette artisti del nostro tempo che inscrivono nella loro ricerca l’idea di traccia. L’esplorazione del tema si sviluppa in varie direzioni: architettonico-naturalistica, storica, sociale e relazionale.
Intervenire in uno spazio storico apre un ventaglio di possibilità immaginative perché il suo patrimonio diviene al tempo stesso traccia e indizio per ricucire nuove possibilità, nuove visioni.
Le opere degli artisti invitati si ancorano ai cabinet e alle raccolte ordinate di artefatti medioevali e rinascimentali nelle sale del museo, ai frammenti e ai lacerti di antiche mura, a lapidari e sarcofagi, con un approccio basato sull’assonanza o sullo scarto visivo.
Nel lavoro di questi artisti le tracce originano dalla ricerca, ma anche da esperienze che si innestano nella cronaca quotidiana.
La storia che punteggia il percorso di un gruppo sociale o di un nucleo familiare diventa pattern, elemento moltiplicatore di forme e materiali che sbocciano l’uno dall’altro coinvolgendo frammenti di forte valenza sociale (Ibrahim Ahmed, Kaarina Kaikkonen).
Alcuni artisti invitati hanno a che fare con l’acqua come elemento ispiratore e come medium in sé. Il valore simbolico dell’acqua, nella sua dimensione trasformativa, è cosa nota. Grazie all’acqua, riattivare e fare emergere una immagine significa destrutturare, pulire, sottrarre per poi restituire qualcosa di nuovo (Beatrice Pediconi, Nazzarena Poli Maramotti, Silvia Camporesi). Il rapporto e l’esperienza della Natura e del paesaggio – siano essi naturali, ma soprattutto antropizzati, sia terreni ma anche “ultraterreni” – conduce a travalicare il confine tra il reale e l’immaginifico che l’artista impiega per generare immagini e per trasformare oggetti (Giovanni Kronenberg, Evgeny Antufiev, Silvia Camporesi, Nazzarena Poli Maramotti). Da un lato questo racconta della fascinazione manipolatoria che l’artista subisce in relazione alla materia, dall’altro quanto lo stesso percorso creativo si muova in base ad assonanze e memorie personali che conducono a risultati formali inaspettati.
In questo processo passato (storia e esperienza soggettiva), presente (processo creativo in atto) e futuro (capacità di generare il nuovo) si mescolano e si ricompongono, azzerando il concetto di tempo lineare.
L’opera d’arte ha a che fare con pensieri rizomatici e con energie circolari.
Il mistero pervade in potenza ogni oggetto, ogni materiale, ogni reperto e può e dovrebbe condizionare il nostro sguardo sul mondo e su noi stessi.
Marina Dacci