MARTA ROBERTI | DUE MONDI - E IO VENGO DALL'ALTRO
z2o Sara Zanin is pleased to present Due mondi - e io vengo dall’altro, the second solo exhibition by artist Marta Roberti (Brescia, 1977), this time invited to engage with the spaces of the venue at Via Alessandro Volta 34.
curated by Cecilia Canziani
Cristina Campo
Water birds - pelicans, cranes and ibises - are a new subject that Marta Roberti has focused on and portrayed on black carbon paper or coloured oil paper, which resemble metallic, precious surfaces, but have the same texture and lightness as her drawings on Taiwanese paper.
Marta Roberti
Due mondi e io vengo dell'altro
a cura di Cecilia Canziani
poiché tutti viviamo di stelle spente
Cristina Campo
Questa mostra è costruita in maniera inevitabilmente diversa dalla precedente personale di Marta Roberti in galleria, in parte perché è diverso lo spazio, ma più precisamente perché nel tempo trascorso sono successe molte cose: le serie dei suoi lavori hanno iniziato a fluire una nell’altra, sono state molti i luoghi e le storie su cui l’artista ha posato lo sguardo, il rapporto con la scrittura espositiva è diventato più libero e i passaggi di scala più estremi, così all’invito di lavorare di nuovo insieme abbiamo risposto immaginando di usare le pareti come grandi pagine bianche sulle quali costruire una storia per rapporti, richiami e scarti.
I disegni in mostra sono in larga parte inediti e di grandi dimensioni, si alternano a ricami su cotone e a disegni su carta carbone oro e azzurro che restituiscono il dialogo tra mondo animale, paesaggi acquatici e il corpo umano, in questo senso proseguendo la ricerca sulla trasformazione e metamorfosi che è alla base della poetica di Marta Roberti.
Uno dei nuclei di riflessione della mostra risiede nella serie di disegni in cui sono rappresentate asana ispirate a posture di animali, un lavoro che era nato durante la pandemia e che ha nel tempo portato l’artista a immaginare pose sempre più libere e immaginifiche. Il corpo in questi disegni è liberato, e sembra più che imitare, saper diventare animale. Inizialmente realizzate per un libro nato su invito delle edizioni Les Cerises, queste grandi carte si sono rivelate poi autonome e capaci di generare a loro volta altri modi di configurare il disegno nello spazio bianco del foglio.
Un secondo gruppo di opere si concentra sul doppio ritratto, ibridando o affiancando animale e umano e riflettendo su figure archetipiche come la sfinge e il serpente, riportando così sulla soglia del presente simboli tratti dall’incontro con la pittura parietale antica. La postura delle figure è in questi disegni frontale e ieratica – è il corpo del rito.
La ripetizione di un soggetto o la riduzione a pattern di un elemento naturale come il mare sono forme attraverso le quali l’artista esplora la relazione tra decorazione e disegno, che avviene anche isolando elementi appartenenti al mondo naturale per trasporli da disegno a ricamo o soggetto autonomo, non più presentato nella sua relazione usuale con il corpo e l’autoritratto. Incorniciati, questi elementi altrimenti secondari diventano soggetto del quadro, e attivano la parete su cui si posano e i corpi ai quali fanno da contrappunto.
Gli uccelli acquatici – pellicani, gru e ibis – sono un soggetto nuovo, sul quale Marta Roberti si è soffermata e che ha ritratto su carta carbone nera o su carte a olio colorate, che somigliano a superfici metalliche, preziose, e che hanno invece la stessa consistenza e la stessa leggerezza dei suoi disegni su carta di Taiwan.
All’estensione dello spazio richiesto dalle singole opere che si dilatano fino a comprendere l’intera superficie della galleria, corrisponde il segno minuto che costruisce ogni immagine e che pure nella sua reiterazione non è mai identico perché reca la traccia di un tempo vissuto “epifania materica, generato al confine tra presenza e assenza, tra il gesto della mano e la superficie che lo accoglie in negativo (…)” come scrive Silvia Moavero, e in cui “La carta fatta a mano a Taiwan, fragile e vibrante, si fa corpo ricettivo di questo processo di trasferimento dell’immagine, accogliendo il tratto come una pelle sensibile, capace di assorbire la metamorfosi del segno e di trattenerne l’eco (..) L’atto del disegnare diviene un movimento di pensiero che si deposita sulla materia”.
Il titolo della mostra è un verso tratto dalla poesia Diario bizantino di Cristina Campo, scrittrice le cui parole hanno accompagnato un recentissimo viaggio in Egitto di Marta Roberti durante il quale sono nati alcuni di questi lavori e molte riflessioni sulla spazialità e l’eco della sua prosa cristallina, caratterizzata da frasi cesellate perché ogni parola risplenda nitida e schiuda non uno, ma molti mondi al di là della soglia del visibile e al di là del tempo, si avverte come sottofondo al corpus di lavori riunito in questa occasione.
Cecilia Canziani